Camaldoli

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Camaldoli

 

Donna Moderna

Year VI n° 27 – 1993

 

Text & photos  –  page 142

 

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L’abbazia e l’Eremo di Camaldoli sono il fulcro di un ampio territorio che, dalle sorgenti del Tevere, si protende ben oltre quelle dell’Arno. Luogo ideale per chi cerca tranquillità interiore e paesaggi rasserenanti è un insieme di bellezze naturali e artistiche che introducono in un mondo fatto di pace e di storia. Da qui innumerevoli sentieri si addentrano e si diramano nel fitto delle foreste dove non è raro incontrare scoiattoli, caprioli, cervi.

Da poco, in questa area dell’Appennino tosco-romagnolo è nato il Parco Nazionale del Monte Falterona e delle Foreste Casentinesi. Un progetto per il momento solo sulla carta ma che merita attenzione.

L’abbazia di Camaldoli (tel. 0575/556013) è in grado di ospitare fino a duecento persone, in cene a due letti. I pranzi sono in comune e tra i vari prodotti del laboratorio dei monaci si possono acquistare liquori e creme di bellezza. Nel complesso del monastero si trova anche il museo del parco e delle attività di forestazione.

Tre chilometri più sopra, a 1.100 metri d’altezza, si trova l’Eremo (tel. 0575/556021), raggiungibile a piedi o in auto e solo in parte visitabile per lasciare ai frati quella pace necessaria per pregare. Poche le camere disponibili per ospiti esterni e dedicate solo a chi vuole fare esperienze più interiori. Dalla cresta del monte che lo sovrasta partono i sentieri più impegnativi: quelli che conducono al monte Fumaiolo e al Falterona. Alla portata di tutti, invece, le escursioni a Poggio Scali, da cui si gode un ampio panorama sui due versanti. Ancora più vicino è Poggio Tre Confini, che domina il lago di Ridracoli. Il dolce saliscendi che corre lungo tutto il crinale fa parte di un più lungo e praticamente unico sentiero, che nasce a Capo Nord in Norvegia e termina in Sicilia, a Capo Passero. Un’avventura lunga seimila chilometri che ripercorre un antico cammino che conduceva i pellegrini ai luoghi santi.

Furono i monaci a riannodare i fili delle precarie vie di comunicazione dell’Alto Medioevo, loro a reinventare l’opera di dissodamento delle terre agricole e loro il lavoro di trasformazione dei boschi per renderli economicamente utili. L’aspetto selvatico e naturale dei boschi può trarre in inganno; in realtà questo tratto di Appennino è stato forgiato dal secolare lavoro dei monaci che ne hanno custodito il patrimonio naturale.

Sempre all’interno del parco, poco sotto al Passo del Muraglione, si trova l’abbazia di San Benedetto in Alpe, costruita dai monaci benedettini neri di Cluny agli inizi del IX secolo e che offriva asilo ai viandanti. Qui si trova la sede del parco regionale.

Un’altra suggestiva escursione a piedi, non breve ma facile, va da San Benedetto e risale il corso del torrente Acquacheta fino alla “caduta”, come i toscani chiamano la sua famosa cascata. Ricordata anche da Dante nell’Inferno, si getta nella valle sottostante creando una visione spettacolare, soprattutto quando le acque sono abbondanti.