SLOVENJIA
Gli orsi e il parco che forse verrà
ALP n° 160
August 1998
Text – pages 46 – 55
Di tutto l’arco alpino le Alpi Giulie sono le prime a veder sorgere il sole. Non sono altissime ma l’aspetto è ugualmente imponente. Dal mare, a sud, si protendono verso nord sino al valico del Tarvisio che è una vera e propria porta sulle pianure occidentali: la via più semplice per varcare le Alpi dai tempi dell’Impero romano e probabilmente anche prima. Per millenni queste montagne hanno visto transitare popoli ed eserciti ma dopo l’ultima: guerra mondiale e per circa tre decenni questo è stato “il confine” : invalicabile da entrambi i versanti. Eppure anche durante gli anni della guerra fredda questa frontiera è stata attraversata da un gran numero di “clandestini” che non riconosceranno mai nessuna legge. Gli uccelli migratori hanno continuato a seguire le loro rotte, i camosci hanno effettuato le loro migrazioni stagionali alla ricerca dei pascoli migliori ed infine anche gli animali più schivi e timidi, gli orsi, hanno ripreso a percorrere le loro: rotte millenarie tra i boschi della bassa Slovenia e Croazia e le foreste italiane e austriache più a nord. Oggi che l’Europa ha cambiato il significato dei suoi confini anche il traffico di questi simpatici gironzoloni a quattro zampe si è fatto più consistente. Il loro cammino è inoltre facilitato dalla presenza del grande Parco naziona1e sloveno del Triglav e della Foresta di Tarvisio. Le due aree protette si trovano lungo il confine italo-sloveno e hanno storie molto diverse tra loro, tuttavia svolgono un ruolo fondamentale nel proteggere 1’habitat preferito dai plantigradi: boschi estesi, selvaggi e a bassa quota.
L’arrivo di questo particolare tipo di “extracomunitari” sta suscitando sentimenti molto vari tra la popolazione egli amministratori ma una cosa è certa: alla fine non sarà possibile stare solo a guardare.
Il Parco del Triglav
Il Monte Triglav ha sempre avuto un grande fascino per gli sloveni. È la montagna più alta delle Alpi Giulie (2864 m) ed anticamente le popolazioni locali credevano che il dio Triglav, il più importante tra tutti gli dei locali, avesse la sua dimora sulla cima della montagna.
Leggende e tradizioni popolari sono ancora ben radicate e non stupisce che la raffigurazione stilizzata di questo monte compaia nella bandiera della Slovenia. Il compito del parco è quindi anche quello di tutelare il valore simbolico del patrimonio naturale più caro a tutti gli sloveni.
Soltanto nel 1961 la valle dei Laghi, primo nucleo dell’area protetta, divenne parco nazionale con una estensione di 2.000 ettari. Con la legge del 1981 assunse finalmente le dimensioni attuali (83.807 ha) e poté iniziare a svolgere con efficacia il suo ruolo di tutela del territorio.
La sua sede si trova in una graziosa villetta liberty sulle sponde del lago di Bled, una delle mete turistiche più
rinomate della Slovenia. È qui che Janez Bizjak (il direttore, ndr) spiega il lavoro finora svolto: «Il parco è sotto la diretta amministrazione del Ministero dell’Ambiente, abbiamo un bilancio annuale di 11 milioni di talleri (1,1 miliardi in lire italiane) e vi lavorano stabilmente 33 persone. In estate si aggiungono un ventina di stagionali con il compito di sorvegliare il territorio, informare i visitatori nelle aree più affollate del parco e raccogliere dati su fauna e flora».
Le collaborazioni internazionali sono considerate una priorità: «I nostri primi stambecchi – continua Bizjak – arrivarono dal Parco del Gran Paradiso: una ventina tra i11964 e il ‘69. Oggi sono circa 200 e godono di ottima salute. I rapporti sono ottimi anche con il dottor Rota e con il dottor Peracino (rispettivamente direttore e dirigente della ricerca scientifica e sanitaria del parco italiano). Abbiamo anche relazioni stabili con il Parco francese degli Ecrins, quello degli Alti Tauri in Austria, degli Alti Taunus in Germania nei pressi di Francoforte, di Snowdonia nel Galles e ovviamente con la Foresta di Tarvisio. In quest’ultimo caso, pur avendo ottimi rapporti con il dottor Di Bemardo (direttore, ndr) la collaborazione si limita agli aspetti forestali».
Dal ‘94 ad oggi numerose iniziative sono state realizzate dalla Fondazione Alp Action, in collaborazione con il Parco e con la Kraft Jacobs Suchard: l’acquisto di foreste a Visoki Zjabci e a Crni vrh, il “Sentiero pedagogico” di nuova concezione nella valle di Vrata; un documentario sul parco nel ‘97 (in coproduzione con la televisione slovena); il ripristino della copertura boschiva a Zagarjev (aprile ‘98) danneggiata dalle slavine del ‘96.
Anche l’educazione assume un ruolo importante: «È l’inizio di tutto – sostiene il professor Joze Mihelich, responsabile del dipartimento di educazione – Abbiamo programmi con le scuole di tutti i comuni vicini al parco. Dai ragazzini più piccoli (9-10 e 13 anni) a quelli delle scuole superiori. Con essi svolgiamo alcune ore di lezione, prepariamo escursioni, organizziamo programmi di ricerca e con il materiale prodotto allestiamo delle mostre. Il rapporto con gli insegnanti, specialmente quelli di biologia, è molto stretto, soprattutto nelle scuole di tecnica forestale. Organizziamo corsi di “protezione naturale” anche per i giovani che compiono il servizio militare nella regione».
La presenza degli animali è ottima. A causa dell’elevato numero di cervi e mufloni si effettuano degli abbattimenti annuali nelle zone periferiche ma stambecchi e orsi sono sotto la massima protezione. Dal 1981 a oggi le coppie di aquile sono passate da 5 a 10, per alcuni anni le linci hanno frequentato il parco e i camosci, in inverno, scendono sulle colline intorno al lago. Il 25% del parco, sempre secondo Bizjak, è territorio vergine, il resto è di grande importanza paesaggistica e culturale. Gli orsi prediligono quella naturale. «Sono individui giovani – spiega il direttore – in cerca di nuovi territori e, dalle foreste di Kocevje nel sud della Slovenia, seguono due vie che passano ai lati del massiccio del Triglav: una passa ad est, attraversa la foresta di Pokljuka e prosegue per i Karawanken alla frontiera con l’Austria, l’altra invece passa ad ovest per Trenta e il Passo della Manga (confine italiano), prosegue nella Foresta di Tarvisio ed è comunque diretta a nord est verso il confine italo-austriaco. In tutti i casi di aggressioni ad animali domestici e anche in molti altri casi di dubbia natura il parco provvede a risarcire i proprietari».
«Non è possibile fermarli – conclude Bizjak – li guida l’istinto e i percorsi sono uguali da migliaia di anni. Per millenni, prima dell’arrivo dell’uomo, l’intero arco alpino era popolato dagli orsi. In alcune zone italiane l’orso era considerato un animale sacro e anche oggi, per esempio, l’orso è il simbolo della città di Berna. Adesso sono proprio le aree protette dei parchi alpini a richiamarli» .
L’orso e la guerra fredda
Può parer strano ma gli orsi sloveni hanno tratto giovamento dagli anni della guerra fredda. L’accesso ai boschi di Kocevje fu vietato anche agli stessi jugoslavi per ragioni di segretezza. Le basi militari non furono mai realizzate perché troppo vicine all’Italia ma il divieto scoraggiò anche i pochi contadini che abbandonarono la regione. Per mezzo secolo boschi e orsi (350-400 individui) hanno vissuto indisturbati.
Albina Podbvešek, giornalista della rivista rana, appassionata conoscitrice di queste storie racconta lei stessa del suo primo incontro: «È difficile vedere un orso in natura ma non impossibile. Tre anni fa ne arrivò uno nel giardino della mia casa di campagna. lo rientrai con calma ma lui si interessò unicamente al cesto di ribes che avevo appena raccolto. La situazione si è complicata un po’ con gli animali provenienti da Croazia e Bosnia, a causa della guerra, ma la convivenza è sostanzialmente pacifica. A Lublijanski Vrh, dove c’è un centro di studio internazionale a soli
venti chilometri dalla capitale, vivono tranquilli e recentemente è stata avvistata una femmina con tre piccoli. I problemi più seri li affrontano loro quando devono attraversare autostrade e ferrovie. Sotto alle prime sono
stati costruiti dei passaggi, tuttavia negli ultimi quattro anni sei orsi hanno perso la vita nell’attraversarle. Per contro vi sono state soltanto due aggressioni mortali ad opera degli orsi negli ultimi cinquant’anni. Sono animali schivi, non aggrediscono la persona, piuttosto cercano il cibo. Se si sa di poter incontrare un orso occorre nasconderlo bene. Gli uomini di Kocevje umoristicamente lasciano loro la birra “così gli orsi ringraziano e li lasciano stare”».
La sua passione le ha fatto scovare due cacciatori che avrebbero visto un orso albino, un evento assai raro.
Diciotto anni fa un altro cacciatore, Jože Sterle, pensando di cogliere l’occasione della sua vita, uccise una innocua e giovane orsetta di tre anni dal manto candido.
«Gli orsi sono tanti – conclude Albina Podbvešek – forse troppi per un paese piccolo come il nostro. Siamo due milioni, abbiamo ventimila cacciatori e ognuno vorrebbe cacciarne uno. Ogni anno ne abbattono una quarantina; si trovano osterie che servono bistecche di orso e la pressione dei cacciatori è ovunque forte, anche dall’estero. Per il momento non sono in pericolo ma occorre guardare al futuro. Sono pochi i paesi che possono vantare gli orsi nella natura come la Slovenia».
La Foresta di Tarvisio
È uno dei patrimoni forestali più preziosi del nostro paese. Lo ha salvato la storia più che il volere degli uomini: la posizione strategica del valico ha obbligato le autorità statali, dell’ Austria prima e dell’Italia poi, a occuparsene direttamente difendendolo dalla cupidigia di proprietari e affittuari che si sono succeduti nei secoli. Esteso per oltre 23.000 ettari sui due versanti della Val Canale confina ad est con la Slovenia (per alcuni chilometri anche con il Parco del Triglav) e a nord con l’Austria. L’abete rosso è il dominatore incontrastato di queste valli seguito dal faggio, dall’abete bianco e da vari tipi di pino.
Di Bernardo, il direttore della Foresta, ha anche un occhio molto attento agli animali che vi abitano. Da anni effettua un controllo sulla fauna e promuove ricerche e studi. Negli anni cinquanta i cervi, partendo dal territorio austriaco hanno ripopolato il territorio ed oggi si possono contare circa 900 capi; inoltre si contano 1.100 caprioli e 1.500 camosci. fu questi ultimi tre anni è stato anche sviluppato un progetto per ripristinare un ambiente naturale più favorevole alla vita degli orsi reimpiantando alberi da frutto selvatici. Qui vivono anche il fagiano di monte, la pernice bianca e il gallo cedrone. Questi tetraonidi godono di ottima salute, come ha evidenziato uno studio del professor De Franceschi, e ciò significa che rispetto alla media dell’arco alpino la situazione è eccezionalmente positiva. La lince ha fatto la sua comparsa negli anni ‘87-‘88 e ‘93-‘94, l’orso è un frequentatore assiduo. C’è anche un centro visitatori: il “Museo della Foresta”. Ci sarebbero tutti gli ingredienti per realizzare un grande parco ma le giunte regionali del Friuli si sono dimostrate alquanto distratte, per usare una pietosa bugia, rispetto alle potenzialità naturalistiche del territorio e purtroppo il futuro di questi boschi è ancora incerto.