INSETTI E ZANZARE IN ITALIA – GLOBALIZZAZIONE E RISCALDANENTO CLIMATICO

Il Dott. Claudio Venturelli, entomologo dell’AUSL della Romagna, è uno dei massimi esperti in Italia sullo studio delle zanzare e in particolare della zanzara Tigre.

A lui abbiamo chiesto di illustrarci quali nuove specie di insetti hanno colonizzato il nostro territorio e quali ne sono state le probabili cause.

Già docente universitario delle Università di Teramo e di Ferrara, è giornalista e scrittore. Il Dott Venturelli è autore di numerosi studi scientifici e ha pubblicato inoltre numerosi libri di carattere divulgativo.

Dott. Venturelli, come influiscono i cambiamenti climatici in corso, mi riferisco all’eccezionale caldo del 2017 e al riscaldamento globale, sul mondo degli insetti?

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I cambiamenti climatici sono importanti perché regolano e regolamentano un po’ tutta quella che è la biologia degli essere viventi, intesi sia come esseri animali sia come piante, funghi e batteri ecc.

Quello che ci interessa in modo particolare non è tanto la differenza di temperatura rispetto a quella che poteva essere 150 anni fa e quella che possiamo rilevare oggi. Quanto il fatto che è possibile avere sbalzi termici di un livello tale da creare problemi non solo alla specie in sé ma a tutto ciò che costituisce la catena che collega questa specie agli altri animali, ad altri ambienti; con quello che è l’ambiente per come noi lo conosciamo.

Stiamo parlando in sostanza di ecosistema, che è una cosa complessa, che non è fatta da un solo animale o una pianta o un ambiente. Sono tanti gli animali che possono vivere in un determinato ambiente con determinate piante, un certo tipo di acqua ecc.

La maggior influenza sull’ecosistema, ovvero su quelli che sono gli aspetti propri della biologia sia della singola specie sia di tutta la comunità, proviene proprio dal clima e dalla durata della luce.

Quando diciamo che ci sono cambiamenti climatici in atto, dobbiamo fare un riferimento preciso al fatto che il cambiamento non è una immagine fotografica di uno specifico momento ma è un processo in cui si deve considerare cosa succede nell’arco del tempo.

Se consideriamo un cambiamento climatico molto repentino come una glaciazione improvvisa o un innalzamento improvviso della temperatura, come si pensa possa essere successo anche 10.000 anni fa, avremmo la scomparsa di alcune specie, la sopravvivenza di altre e la modificazione complessiva di tutto quello che è il sistema di quel momento.

Se non ci troviamo di fronte a questi cambiamenti climatici così repentini, ma vediamo che ci sono dei cambiamenti graduali, ecco che possiamo fare delle analisi più sofisticate, più accorte.

Se facciamo ad esempio riferimento al 2017 abbiamo sicuramente la possibilità di avere la certezza che sia stato un anno molto caldo.

Andando a confrontare il 2017 con le medie degli ultimi 150 anni vediamo che ci sono stati picchi importanti di sforamento, sia nella parte dell’anno che dovrebbe essere più fredda, parliamo dell’inverno e dell’inizio della primavera, sia durante l’estate con temperature che sono state davvero importanti.

Quali sono stati i fenomeni associati a questo aumento di temperatura?

Cosa è successo in natura? Nel 2017 abbiamo avuto delle fioriture anticipate e delle raccolte necessariamente anticipate per frutta e verdura. E quella più eclatante, per lo meno nel Centro-Nord è stata quella dell’uva con una vendemmia anticipata, in alcune realtà, di un mese.

Sembra niente, ma in realtà questo incide su tante altre cose perché, come dicevo all’inizio, siamo tutti concatenati. Ognuno è un anello che si collega ad un altro e se qualcosa cambia sicuramente ci saranno ripercussioni su tutto il resto.

E relativamente alle nuove specie di zanzare che si sono stabilite in Italia, come la zanzara Tigre?

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Se parliamo di zanzare un inverno meno freddo in Italia favorisce la loro sopravvivenza in numero molto maggiore. Questo ci impone alcune riflessioni, perché si sta allungando il periodo di permanenza in vita di alcune specie nuove, che si stanno stabilendo in Italia, con conseguente colonizzazione di spazi che un tempo non si pensava fossero raggiungibili dalle zanzare.

Questo sta succedendo per esempio in montagna con l’arrivo di nuove specie tipo la Aedes koreicus o la Aedes japonicus che sono conosciute dai più come Aedes coreana o Aedes giapponese.

La zanzara coreana e quella giapponese. Si chiamano così perché il loro nome ci indica da dove dovrebbero essere arrivate. Queste vivono fino a 1800 – 1900 m di altitudine, luoghi dove prima le zanzare sicuramente non davano fastidio.

Il fatto quindi di avere un prolungamento del caldo prolunga anche la sopravvivenza di queste specie, di queste famiglie. A volte anche di singoli soggetti che appartengono a questi gruppi di animali, che sono gli insetti.

Le zanzare riescono a sopravvivere più a lungo in un determinato ambiente, rispetto a quello che succedeva in passato, e questo fatto comincia a spaventarci. Perché possono essere vettori di malattie trasmissibili come i virus, i batteri, i plasmodi della malaria, ecc.

Il fatto che possano vivere su di un territorio per un tempo più lungo può determinare anche un maggior rischio per le persone o per gli animali che vivono in quello stesso territorio in quel periodo.

Perché e più facile che il vettore venga a contatto con l’essere ammalato e abbia il tempo di replicare all’interno del proprio organismo quello che è il patogeno, lo stesso che può veicolare pungendo un’altra persona o un animale e farlo ammalare, come sta avvenendo oggi e di cui infatti abbiamo notizia.

Negli ultimi settant’anni l’Italia non ha avuto problemi di trasmissione di malattie trasmesse dalle zanzare. Ultimamente invece, queste opportunità di contagio sono sempre più frequenti perché ci sono milioni e milioni di viaggiatori che tutti gli anni tornano in Italia da luoghi dove queste malattie sono endemiche, cioè sono presenti tutto l’anno. Tornando a casa possono essere loro i portatori che danno origine a nuove epidemie. Questo è il pericolo contro il quale lavoriamo, anche come ASL. È necessario combattere e contrastare la loro ri-emergenza.

Ci sono anche altre ragioni di questa aumentata preoccupazione?

Si, perché una zanzara che prima aveva una sopravvivenza da giugno fino al massimo alla fine settembre oggi può svilupparsi e essere presente su tutto il territorio da marzo fino alla fine di novembre e dicembre inoltrato. Questo allungamento della sua presenza oggi ci preoccupa molto. Nello specifico la zanzara Tigre.

È arrivata in Italia nel 1990 e allora venero pubblicate le prime notizie. I primi studi scientifici la definivano come una zanzara che poteva vivere proprio nel periodo giugno – settembre.

Oggi, avendo più possibilità di riprodursi e di accrescere la popolazione, ha costituito nuove specie all’interno della stessa specie. Sono ceppi che aumentano la loro capacità di sopravvivenza e poi la trasmettono alla progenie. Sono ceppi che qui resistevano poco agli sbalzi di freddo. Oggi riescono a resistere meglio e quindi non sono più specie tropicali ma potremmo definirle specie italianizzate.

Quindi in realtà le cause dell’introduzione di nuovi insetti sono due: l’innalzamento della temperatura e la globalizzazione, compresa la globalizzazione del turismo.

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Sicuramente la globalizzazione influenza molto. Ad esempio, un tempo per andare in America ci voleva un mese di nave e oggi invece ci vogliono al massimo nove, dieci ore.

Comprendiamo quindi quanto sia diventata più facile la possibilità per una zanzara di essere veicolata e trasportata da un continente all’altro. Oggi un turista che che torna dall’India arriva in Italia in 10 – 12 ore. Un tempo un insetto non avrebbe potuto sopravvivere al mese e mezzo di trasporto perché il suo ciclo di vita si sarebbe esaurito in qualche modo. Oggi c’è la fa benissimo, perché sopravvive in quel giorno e se c’è ne più di un individuo, ovvero maschio e femmina, o peggio c’è una femmina già gravida che può deporre uova e quindi mettere su famiglia, colonizza in fretta il nuovo spazio in cui si trova e lo rende ospitale per quell’insetto, proprio perché il clima, in quel momento, è accettato dall’insetto stesso.

La globalizzazione dei viaggi, per i più svariati motivi, può essere considerata come quell’elemento che interrompe ciò che un tempo era chiamato l’isolamento geografico.

L’isolamento geografico viene considerato un elemento importante in biologia proprio perché alcuni insetti non possono da soli andare in un altro continente. Perché non ce la possono fare con in propri mezzi, le proprie ali, e almeno in passato neanche con quelli effettuati dall’uomo.

Com’è arrivata da noi la zanzara Tigre?

Con un carico di copertoni usati a Genova. I copertoni usati contenevano non tanto le zanzare quanto le loro uova.

Questa specie ha una strategia di sopravvivenza molto sofisticata. Le sue uova vengono depositate all’asciutto e si schiudono solo quando vengono sommerse dall’acqua. La nascita delle larve avvia la famiglia di zanzare. Una zanzara femmina è in grado di depositare 300/350 uova per cui in questi copertoni potevano esserci migliaia e migliaia di uova. Se anche solo poche centinaia fossero riuscite a nascere avrebbero messo in piedi una bella colonia in quel luogo. Il fatto è che questa è una zanzara opportunista. Entra in macchina e si lascia trasportare e così in pochissimo tempo, un po’ con quei copertoni usati che sono stati smistati in altre regioni, un po’ attraverso le auto e le navi, si sono sviluppate in tutte le regioni italiane, isole comprese. Sono pochi i comuni italiani dove la zanzara Tigre non sia presente.

Una cosa importantissima: gli insetti sono animali molto prolifici. Come già detto la zanzara Tigre deposita 300/350 uova, la femmina lo fa in quattro momenti nell’arco della sua vita che è di quattro settimane e lo fa, dal punto di vista biologico, in maniera molto sofisticata. Non deposita tutte le uova nello stesso posto ma li mette in diversi siti perché sicuramente qualcuno di quei luoghi verrà sommerso dall’acqua e quindi le uova potranno dare origine alla successiva generazione.

La zanzara Tigre compie circa 10 generazioni in un anno ma con l’allungamento del caldo ne potrà compiere anche 15 o 16 e noi abbiamo fatto un calcolo che se una zanzara Tigre maschio s’innamora della zanzara Tigre femmina e da questo amore nascono i primi figli in questa sequela di generazioni che si susseguono da aprile fino a ottobre noi saremmo sommersi da zanzare. Se tutti gli individui riuscissero a sopravvivere, otterremmo un numero ipotetico di 2500 milioni di miliardi di individui nati da solo due zanzare.

Quest’anno è stato particolarmente caldo. Ci sono stati e fenomeni evidenti di proliferazione di insetti particolari o delle zanzare?

Come dicevamo il 2017 È stato un anno sicuramente orribile dal punto di vista della temperatura e della siccità. Non solo il caldo in sé ma anche la carenza d’acqua ha creato dei cambiamenti, con problematiche sia agli alberi, sia alle piante in generale, sia agli insetti. Non è possibile oggi quantificare esattamente quale sia stato l’effetto. Se noi però andiamo a vedere alcuni lavori fatti sul territorio negli anni scorsi, è evidente come sicuramente ci siano stati diversi cambiamenti, e purtroppo non sono relativi solo a quest’anno perché siamo in presenza di una sequenza di anni particolarmente caldi.

Naturalmente io che mi occupo prevalentemente di zanzare posso parlare della zanzara Tigre. Quest’anno è stato un anno nel quale la zanzara Tigre si rivelata molto presente, nonostante avesse avuto un inizio tutto sommato senza una partenza importante di popolazione.

Abbiamo avuto un periodo di freddo in aprile che ha bloccato un po’ la crescita della popolazione che stava nascendo. Verso il 20 aprile c’è stata una terribile gelata, definisco terribile perché per i viticoltori lo è stata. In alcune realtà del Trentino hanno acceso i fuochi tra i filari delle viti perché dovevano innalzare la temperatura, altrimenti i piccoli grappoli d’uva avrebbero cominciato ad essiccare e quindi il raccolto sarebbe stato compromesso.

Questo freddo ha interrotto, per un breve periodo, anche lo sviluppo delle zanzare che in quel momento erano già attive, avevano già iniziato la loro prima generazione annuale.

Il ciclo della zanzara Tigre è un po’ particolare. Si è abituata ai nostri climi e in primavera nascono le uova deposte dalle femmine nell’anno precedente nel periodo settembre / novembre. In inverno fanno una sorta di letargo, una pausa che causa dormienza delle uova e che permette loro anche di resistere meglio al freddo. L’inverno non è stato particolarmente freddo e queste uova sono arrivate alla primavera praticamente quasi tutte intatte consentendo alle zanzare di anticipare la loro prima generazione, perché si sono svegliate con i caldi di febbraio/marzo. Poi, mentre questa generazione proseguiva il ciclo in aprile, c’è stata quella battuta d’arresto che aveva fatto anche sperare in una loro diminuzione.

In realtà con il caldo successivo, le piogge di maggio, e le temperature a loro molto favorevoli c’è stata l’immediata colonizzazione del territorio che ha portato a un picco di presenze di zanzare molto alto. Non come nel 2015 ma molto più alto di tutti quelli che possono essere anni 2013, 14 e 16 e con presenze di zanzare anche in posti dove prima non si immaginava potessero proliferare.

Sta dicendo che in questi ultimi anni la zanzara Tigre sta sopravvivendo all’inverno e questo è una conseguenza del fatto che l’inverno non sia più freddo come una volta.

Quando è arrivata in Italia, il periodo da giugno a ottobre quello pareva essere quello ideale per lei, a metà novembre non si trovava da nessuna parte. Neanche a Roma. Poi invece già alcuni anni fa i colleghi romani hanno cominciato ad avere la sensazione che questa zanzara riuscisse a superare l’inverno. Noi abbiamo fatto questo studio ormai già 7/8 anni fa, forse di più. Mettiamo delle trappole durante l’inverno in tutta la regione Emilia-Romagna e abbiamo constatato, per mezzo di queste trappole, che la zanzara Tigre, sebbene non in grandi numeri, riesce a depositare delle uova anche durante il periodo invernale.

È difficile trovare un momento in cui tutte le trappole siano negative. O una o più di una, o tutte, vengono rilevate positive. Anche in periodi durante i quali, fino a poco tempo fa, non ci si aspettava. E siamo giunti all’ovvia conclusione che la zanzara Tigre non è più quella zanzara che muore con il sopraggiungere dei freddi invernali ma purtroppo riesce a sopravvivere.

Si è adattata ai nostri climi?

Si, e sopravvive un po’ perché non ci sono più dei freddi così importanti come poteva essere in passato ma soprattutto sopravvive perché si è ben adattata al nostro clima attuale e ai nostri ambienti a ha modificato alcuni ceppi che sono in grado di sopravvivere nel nostro ambiente con le temperature che ci sono qui ora.

Un elemento importante che devo sottolineare è che da cinque anni effettuiamo il rilevamento della temperatura del micro ambienti. La zanzara Tigre deposita le uova prevalentemente nei pozzetti stradali: la tombinatura stradale utilizzata per raccogliere le acque piovane per poi farle defluire verso il sistema fognario. Prevalentemente sono quelli i punti dove va a depositare le uova. Per esempio, non è una zanzara che va a a depositare le uova dei fossi, nei torrenti o nei laghi naturali.

Mettendo dei rilevatori di temperatura e di umidità all’interno dei pozzetti, così come all’esterno, e considerando anche un sensore per la temperatura dell’acqua che c’è all’interno dei pozzetti, abbiamo fatto una scoperta molto importante che ci ha fatto riflettere.

Noi sappiamo che quando la temperatura scende sotto i -5 o -4,5 gradi sotto zero la zanzara Tigre non può sopravvivere neanche in forma di uova, perché collassano. Pensavamo quindi che le zanzare non potessero sopravvivere nel nostro ambiente.

In realtà, la cosa che è saltata all’occhio è successa nel 2011 quando in questa zona ci sono state temperature molto fredde. Noi in Romagna lo ricordiamo come l’anno del ‘nevone’. Perché abbiamo avuto anche 2 o 3m di neve in pianura, con freddo molto importante.

Bene, quando abbiamo rilevato la temperatura esterna della neve, a 2m di altezza, misurava anche -12°, ma nel pozzetto abbiamo rilevato -1,5° o 1,8° mai -2°. Ciò significa che le uova che si trovavano lì dentro si sono trovate in un ambiente protetto e quindi hanno superato bene l’inverno. Magari non tutte, ci saranno state delle defaillances, ma gran parte di esse sono sopravvissute e quindi non si è estinta la popolazione italiana di zanzara Tigre neanche in quel periodo, tant’è vero che nell’anno successivo ce ne sono state molte come ci si poteva aspettare.

Qual’è l’importanza di questo concatenamento per quanto riguarda l’impollinazione e i cicli biologici vegetali e quali sono i cambiamenti avvenuti rispetto al recente passato?

Sono stati fatti studi sulla presenza di insetti e sul cambiamento di questi insetti nell’arco del tempo in determinati ambienti. Stessa cosa è stata fatta anche per le essenze vegetali, alberi, arbusti, erbe fiori, ecc.

Uno studio molto interessante è stato fatto in Inghilterra e ha messo in evidenza che alcune condizioni climatiche avevano impedito ad alcune specie vegetali di sopravvivere e quindi si erano man mano estinte. Inoltre avevano causato l’estinzione di alcuni insetti che erano strettamente collegati a queste piante.

Significa che c’è un collegamento talmente stretto tra piante e insetti che, sovrapponendo la mappa del monitoraggio degli insetti e la mappa del monitoraggio delle specie vegetali di quel territorio, era chiaro il fatto che quando alcune piante si erano estinte, negli anni precedenti, negli anni successivi non si vedevano più nemmeno gli insetti. Diciamo che quel territorio non ospitava più quegli insetti. Stessa cosa però al contrario. Quando, per una qualsiasi ragione, o di clima o anche a causa dell’uomo, per esempio per l’uso di pesticidi o inquinamenti vari, si è creato un problema ad alcune specie di insetti, negli anni successivi non si riscontrava più la presenza delle specie vegetali collegate a quegli insetti.

E questo è molto interessante perché considerando questi aspetti di stretta correlazione tra le une e gli altri, si può arrivare a dire che le catene dell’ecosistema, come insegnato anche alle elementari, sono realmente importanti e le loro correlazioni sono realmente visibili e anche riproducibili in qualche modo su lavori scientifici tecnicamente corretti.

Ci sono altri insetti che possono essere indicatori di questo cambiamento generale.

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Importiamo molti insetti tutti gli anni. Alcuni riescono a sopravvivere solo una stagione perché non non hanno la capacità di sopravvivere a temperature inferiori ai 10° sopra lo zero per esempio. E quindi a quelle temperature si estinguono ma molti altri invece che sono stati importati sono in grado di sopravvivere bene e soprattutto hanno trovato modalità per svernare che ne facilitano la sopravvivenza.

Ci sono diversi insetti che sono stati introdotti: uno dei più fastidiosi è la Drosophila suzuki che attacca tutti i piccoli frutti.

Aveva iniziato con le ciliegie ma ormai attacca anche l’uva, anche le mele eccetera. È arrivata qualche anno fa e sta facendo danni gravi. C’è la cimice asiatica, quella che sta diventando un vero problema per il Nord Italia, perché attacca anche i pomodori e le pere, deformando il prodotto e insudiciandolo. Emette una sostanza come la cimice verde, che conosciamo bene, e che se schiacciata emette un odore nauseabondo. Loro però la rilasciano anche sul frutto. Per cui il frutto non solo è deformato e brutto da vedere, e quindi difficile da vendere, ma è anche spesso non commestibile perché contiene questa sostanza nauseabonda.

Altre specie sono per esempio quelle che hanno ridotto i nostri bellissimi viali alberati di palme a dei viali un po’ desertici, costituiti solo più da scheletri di palme. Qualche anno fa era stato introdotto il punteruolo rosso, che non era mai stato rilevato in Italia, ma quando è arrivato si è trovato molto bene, sviluppandosi dal sud, dalla Puglia, all’Abruzzo, alle Marche e dalla Sicilia al Lazio, facendo grossi danni.

Ultimamente si è trasferito anche al centro-nord e anche qui sta creando dei grossi problemi.

Come una sua cugina. Il precedente è un coleottero questa è un lepidottero: la farfalla la Paisandisia. È una bellissima farfalla a vedersi, piuttosto grande, con una apertura alare anche di 12 / 15 cm, che però si nutre del cuore della palma perché il proprio bruco, come fanno i rodilegno, si infila dentro il tronco e rovina la parte interna della pianta portandola, se non curata per tempo, al disseccamento.

Poi ci sono le farfalle che stanno attaccando i gerani; c’è di tutto e di più.

Ci sono problemi anche per le api e tutta l’apicoltura?

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C’è un coleottero che sta creando nuovi problemi alle api ma la minaccia maggiore è rappresentata dalla vespa Velutina.

Se parliamo di questo argomento parliamo ovviamente di api perché la vespa, da sola, non darebbe così grande fastidio se non fosse che è una grande predatrice ormai ben introdotta in Italia. Prima in Liguria poi in Piemonte, con avvistamenti in Toscana e in Veneto e Lombardia. In realtà è un calabrone e noi lo stiamo sorvegliando perché, molto probabilmente, arriverà anche qui.

Sembra che arrivi tutto dalla Cina, ma è pur vero che sebbene sia arrivata dall’Oriente si sta acclimatando anche qui.

E in Cina quali problemi crea? Producono sicuramente il miele anche laggiù.

Siccome è originaria di quei luoghi, in Cina si trova in equilibrio. Perché come sempre nelle catene alimentari c’è preda e predatore. Lei preda le api ma alcuni insetti o altri animali predano lei e quindi laggiù ha dei nemici naturali che qui non esistono.

Gli studi vengono fatti nella sua area di origine per vedere quali sono i predatori o parassiti che ne tengono limitata la popolazione. Lo scopo è studiarli per portarli qui, con le dovute cautele, e rilasciarli nel nostro ambiente.

Ciò vale anche per la cimice del castagno. Per un certo periodo non abbiamo avuto più castagne perché venivano mangiate da questa piccola cimice che è stata debellata proprio perché sono stati importati i suoi parassiti trovati nel suo areale d’origine.

Piano piano, si ricostituisce un equilibrio.

Solo che nell’arco di tempo in cui si deve ricostituire un equilibrio, deve esserci un aiuto al suo ripristino. Come si è introdotto accidentalmente l’elemento dannoso così si deve introdurre quello che lo tiene sotto controllo.

In quale modo la vespa Velutina minaccia i nostri alveari.

La vespa Velutina distrugge intere colonie di api, interi alveari con una tecnica di caccia fantastica. Si posiziona come se fosse un aereo da caccia davanti all’ingresso dell’alveare e quando le api, che sono uscite per bottinare vi rientrano, prima che arrivino all’ingresso vengono assalite da queste vespe. Sono aggredite in volo, trascinate a terra, mangiate o portate nel nido che hanno costruito, spesso anche in alto, perché costruiscono su alberi all’altezza di 3, 4, 5m.

Questo significa che la vespa Velutina è un animale che noi dobbiamo studiare. In Italia c’è da poco tempo, però in Europa è arrivata già qualche anno fa. Noi l’aspettavamo con un sistema di sorveglianza importante. E’ stata rilevata in Liguria, Piemonte, Lombardia e Veneto. È stata avvistata in Toscana.

Al momento sembra che la sua presenza sia limitata solo a queste regioni, però dove c’è si fa uno studio accurato perché queste vespe non hanno predatori naturali, non hanno parassiti naturali, è quindi sta crescendo di numero in maniera rilevante.

La vespa Velutina arriva da?

La vespa Velutina arriva dall’oriente.

L’Oriente è un po’ una fucina per per questi animaletti, la stessa zanzara Tigre è arrivata dal sud-est asiatico, l’altra è coreana e l’altra ancora è giapponese. Sono zanzare che arrivano da lì, ma sono tanti gli animali arrivano dal continente asiatico.

La vespa Velutina oggi si sta diffondendo proprio perché è stata introdotta accidentalmente e con lei non sono stati portati quelli che sono i predatori che nella terra di origine la tengono sotto controllo, in equilibrio.

Come è successo per la cimice del castagno che nel passato aveva drasticamente ridotto la popolazione di castagne, anche in quel caso non si sapeva bene cosa fare. Sono state trovate delle specie che la parassitizzavano, sono state studiate, introdotte con tutte le cautele del caso e alla fine hanno riportato un po’ un equilibrio.

Ma sta nel gioco delle parti: tutti gli esseri viventi hanno questa attività di ricerca della sopravvivenza della specie. In questo modo si auto equilibrano a meno che non ci siano degli sfasamenti molto importanti come può accadere in agricoltura quando si fanno delle monoculture. In generale si può dire che più specie ci sono e più sano è il territorio, quando si riduce il numero di specie e aumenta il numero di individui della singola specie c’è qualcosa che non va.

Quindi quali sono le strategie con le quali possiamo tenere sotto controllo queste specie esotiche?

Le strategie per tenere sotto controllo queste popolazioni sono proprio quelle di andare a studiare questi animali nelle loro aree d’origine, per conoscere quali sono i loro predatori o i parassiti che riescono a mantenere basso il livello della loro popolazione.

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